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martedì 20 aprile 2021, ore 18,30, sulla piattaforma web Zoom avremo una conversazione con Fabio Bonono e Manuel Catalano sul tema “Dalle mani robotiche alla  robotica biomedicale”.

Resoconto della serata a cura di Giovanna Pavesi:
Studio, innovazione e ricerca. Tutto completamente al servizio dell’evoluzione tecnologica che, nel tempo, ha percorso tanta strada, migliorando la quotidianità, sotto diversi punti di vista. Il 20 aprile, in occasione della conversazione virtuale organizzata dal Rotary Club Parma Est, dal titolo <Dalle mani robotiche alla robotica biomedicale>, Fabio Bonomo, amministratore delegato dalla Qbrobotics (una piccola media impresa innovativa, specializzata nella produzione di dispositivi che implementano la tecnologia soft-robotics) e Manuel Giuseppe Catalano, ricercatore dell’Istituto italiano di Tecnologia ed esperto di robotica biomedicale, hanno raccontato a che punto è questa disciplina, quali sono state le sue evoluzioni nella storia e in che modo si è introdotta nella società, passando per la medicina e le sale operatorie. Intervistati e moderati da Paolo Del Rio, direttore del Dipartimento chirurgico generale e specialistico e della Struttura complessa Clinica chirurgica generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, Bonomo e Catalano hanno descritto i passaggi dei metodi di ricerca quotidiani che hanno portato a risultati straordinari. E inimmaginabili. “La prima volta che sentii parlare di questo tema fu nel 2016 – ha dichiarato il presidente del RC Parma Est, Giancarlo Buccarella, introducendo il meeting-: il quotidiano La Nazione riportava la notizia della prima competizione, a Zurigo, in Svizzera, in cui gli atleti gareggiavano con gambe e braccia elettroniche. L’Italia si presentava con un progetto softhandpro, con l’obiettivo di costruire una mano robotica antropomorfa semplice, robusta e funzionale. Si parla sempre più spesso di approccio robotico in chirurgia e sono felice di affrontare il tema con i nostri ospiti e alla presenza di Del Rio, ma anche di Umberto Maestroni, direttore della Struttura complessa di Urologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria della città”. E partendo dal presupposto che la mano è la parte del corpo più complessa da replicare, in particolare in termini di presa e sensibilità, Del Rio ha subito chiarito come Bonomo e Catalano, con la loro ricerca, siano costantemente impegnati nel perfezionamento di questa fondamentale traslazione. “La robotica ha oggi vari campi di utilizzo, nei processi industriali e nella logistica, ma c’è anche l’ambito sanitario e biomedicale, che vede nello sviluppo di protesi un’assoluta eccellenza”, ha specificato il chirurgo, ricordando come anche all’ospedale Maggiore si stia sviluppando questa attività in sala operatoria, con l’introduzione di una piattaforma condivisa con proprio l’Urologia. “Sono affascinato nel sapere cosa fa questa disciplina declinata alla medicina – ha affermato Bonomo, che ha descritto in parole chiare la difficoltà del trasferimento tecnologico in un arto meccanico -. Volevamo far vivere i nostri prototipi nel mondo e nel mercato. Abbiamo iniziato con due prodotti: un cubo e una mano biomedicale che, però, non è una protesi che diamo ai pazienti, ma un dispositivo da laboratorio con cui sviluppiamo e innoviamo”. Qbrobotics è attiva nel campo della robotica con quattro unità di business, che hanno permesso di sviluppare la tecnologia soft-robotics per tutti i settori di questa disciplina e realizzare una nuova generazione di end-effectors. E così, tra robotica di servizio (che fornisce mani ai produttori di umanoidi), industriale, biomedicale e protesica, e ricerca, l’impresa di Bonomo si è fatta strada. “Ciò che abbiamo fatto – ha aggiunto l’ad – era iniziare a creare dispositivi che potessero aggredire il mercato, veicolando tencologia, altrimenti sarebbero rimasti prodotti da laboratorio. La Qb soft-hand industry è la prima mano robotica dedicata alle applicazioni industriali e progettata per eseguire compiti complessi e manipolazioni che replicano accuratamente il movimento della mano di un essere umano”.  Come chiarito ancora da Del Rio, la robotica, in chirurgia, è in grado di aumentare la capacità della mininvasività, simulando il movimento delle mani e magnificando l’immagine. E questo lo conferma anche Maestroni: “Prima che il robot Da Vinci arrivasse nelle nostre sale, nel 2019, con il professor Mario Sianesi avevamo intuito le potenzialità di questo strumento. Ma come spesso accade, la realtà ha superato le mie personali aspettative: avevo già provato questa tecnologia, ma quando è arrivata ne ho apprezzato i vantaggi nella mia disciplina. Anche in questo anno di pandemia, grazie a questa evoluzione, siamo riusciti a eseguire interventi nel rispetto dei più altri standard di sicurezza. Il robot chirurgico è già una piattaforma intelligente, che sa fondere il lato umano con la tecnologia, creando un’alchimia perfetta”. Come confermato da Bonomo, la disciplina collaborativa è sempre più presente nelle realtà industriali (e a fianco dei lavoratori): “Il fatto che i robot possano interagire con l’uomo e in modo sicuro permette una forte sinergia uomo-macchina. I primi robot erano rigidi e pesanti, poi sono arrivati i cobot (robot collaborativi, ndr). Ed è con la mano che abbiamo avuto l’idea di rendere il tutto realmente collaborativo: da qui nasce il concetto di soft-robotics”. E in questo l’Italia, in base ai dati forniti del 2019, è competitiva anche con il mercato degli Stati Uniti. “Oggi, i robot non lavorano per l’uomo, né lo sostituiscono: lo aiutano”, ha aggiunto Catalano, mostrando un esperimento fatto ad Amatrice (la città in provincia di Rieti colpita dal terremoto nel 2016), in cui è stata provata la remotizzazione del controllo di edifici pericolanti. “Questo – ha continuato lo studioso – è un esempio dove questa disciplina è in aiuto alla persona ed è anche garanzia di sicurezza. Il robot deve stare in mezzo alla gente e oggi la tecnologia permette questo tipo di interazione, che è fondamentale e per nulla banale”. Come spiegato dal ricercatore, le protesi sono un esempio di questa forte interdipendenza e le mani, essendo un elemento utilizzato di continuo nel quotidiano, hanno assunto un ruolo centrale. Dagli antichi a oggi. “Nell’antico Egitto – ha chiarito Catalano – il ripristino del corpo era visto di fondamentale importanza, così come nel Medioevo. Nell’ultimo secolo si sono sviluppati decine di prototipi di versioni di mano, capaci di fare operazioni anche molto complesse ma relegate nei laboratori. Quando si parla di protesi il tema è chiedersi come tutte queste azioni possano essere controllate dall’uomo. E se le protesi si dividono in sofisticate e complesse, ciò che abbiamo cercato di fare, nel nostro lavoro, era migliorare alcuni aspetti dei sistemi. Abbiamo cercato di portare l’elasticità del muscolo, creando dita capaci di interagire senza rompersi e mettendo lo stesso numero di articolazioni ma traslandolo in un sistema meccanico”. L’arto più complesso, come specificato da Bonomo e Catalano, deve sapere essere delicato ma, allo stesso tempo robusto, alzando oggetti con pesi diversi e la sfida scientifica è quella di studiarne l’intuitività. Il fine ultimo di questi strumenti, anche se in gran parte ancora piuttosto costosi, non è soltanto è quello di migliorare la chirurgia o i sistemi industriali, ma anche il quotidiano di tanti. Soprattutto di chi ha dovuto convivere con la perdita di un elemento del corpo così fondamentale: le mani.

 

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